Da un cimitero

                                                     12 marzo 1994


Tutto pendeva in quella notte
e immaginavo lo sforzo della sabbia
fatto per sostenere gli impassibili

Varcato il silente triangolo
per la sua bocca di ruggine
mi assalì il suicidio dei fiori

Ancor più una fragranza muta
che sapeva di rassegnati piaceri
mentre per me fautrice di invidia era la follia

Mi fece danzare tra gli omonimi dei vivi
e accarezzando muri che sembravano
rinchiusi in grotte di umidità
auguravo estati a quei marmi
di stagioni esperti

Forse fra gli esiliati sotterranei
stava anche la mia anima
anima che, imprudente, si lusingava

Anima che rifiutava
rifiutava di avere ancora un corpo
che pulsante l’aspettava

Ricordo...

mi assalì il suicidio dei fiori
e il canto dei vasi,
un canto sommesso,

sommesse preghiere
e un pigro tentare
di salvarsi l’anima.


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Iuri Marangon

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